Come comportarsi quando il datore di lavoro chiama fuori dagli orari di lavoro? Ecco quando siamo costretti a rispondere alla telefonata e quando invece non lo siamo.
È un problema – a volte un incubo – ben conosciuto da molti lavoratori dipendenti: le telefonate del datore di lavoro al di fuori degli orari di lavoro. Spesso è volentieri questa prassi viene trasformata in un obbligo implicito dalla disponibilità del dipendente, desideroso di mostrarsi collaborativo sul lavoro. Ma fino a che punto?
Per diversi lavoratori è diventato praticamente impensabile chiudere il telefono e ignorare le chiamate ricevute fuori dall’orario lavorativo. Non di rado il datore di lavoro pretende la risposta alla chiamata o comunque di ricevere qualche comunicazione dal dipendente. In alcuni casi non rispondere tempestivamente fa scattare una sanzione disciplinare.
Non sono pochi quelli che devono fare i conti con questa problematica. Ma come stanno davvero le cose? Il lavoratore è davvero costretto a rispondere quando l’azienda chiama fuori dai normali orari lavorativi oppure può evitare di prendere la telefonata? È quello che cercheremo di capire.
Sia in Italia che in Europa i tribunali hanno dovuto giudicare diverse controversie di questo tipo, legate alle telefonate ricevute dai dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro. Di recente se n’è occupata la Cassazione francese, chiamata a esprimersi su un lavoratore licenziato a causa della mancata reperibilità a una chiamata telefonica sul cellulare privato fuori dall’orario di lavoro.
Sono ormai diverse le normative e le pronunce della giurisprudenza su questo tema. La linea è molto chiara: non c’è alcun obbligo per il lavoratore di rispondere al telefono – o a un’altra forma di comunicazione, tipo un SMS o un messaggio WhatsApp – al di fuori del proprio orario lavorativo. Stesso discorso per i riposi settimanali e giornalieri, i permessi e le ferie (e naturalmente anche durante i periodi di malattia).
Il dipendente sanzionato per mancata reperibilità in questi casi potrebbe contestare le sanzioni presentando ricorso in sede giudiziaria (anche se è preferibile risolvere bonariamente la cosa prima di finire in tribunale). E non è tutto: il datore di lavoro che assilla il dipendente con continue richieste fuori dall’orario di lavoro rischia di essere accusato di stalking o di molestie.
Diverso il caso in cui è il contratto di lavoro a prevedere espressamente un obbligo di reperibilità che tuttavia deve essere regolamentato e retribuito in maniera adeguata. In questo caso rendersi irreperibili e non rispondere alle chiamate può far scattare delle sanzioni legittime. Senza contare poi professioni come quelle delle Forze Armate e di Polizia in cui l’obbligo di reperibilità del personale (che deve sempre risultare rintracciabile) è implicito per via della funzione svolta.
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